Ingegno e creatività: reinventiamo i servizi per superare la crisi!

C’è un’Italia fatta di storie di micro-imprenditorialità e autoimpiego che continua a dare il meglio di sé nonostante il periodo e le restrizioni, effettuando – talvolta – cambi di pivot, reinventando servizi, sfruttando quello che oggi è ancora l’alleato più prezioso: Internet. Vi presento cinque storie d’impresa da tenere d’occhio e prendere ad esempio. 

ARTPETFOOD

Nata in provincia di Vercelli, a Serravalle Sesia, il progetto prende il via dall’idea ”pazza” di Francesco Scrofano. Ventinove anni, studente della scuola di e-commerce di Brescia, nel 2019 adotta Percy, un piccolo gatto esigente e ispiratore. Non trovando in commercio alimenti sani, decide di mettere in piedi una linea Made in Italy di snack cotti al forno e prodotti alimentari, chiamando a raccolta medici veterinari ed esperti del mondo pet-food. Dopo un anno di sacrifici e tentativi – anche andati a vuoto -, dà vita nel gennaio 2020 ad Artpetfood: un’impresa creata da “zero”! Francesco si racconta, come scrive nella sua e-mail, «per dare più informazioni in ambito di alimentazione animale e speranza a chi, come noi, vuole iniziare ma non ha il coraggio. Voglio che si sappia che, con il duro lavoro e la costanza, ogni cosa è possibile, basta avere amore e cura per ogni dettaglio, studiare, fare corsi e arricchirsi di conoscenze».

Com’è nato Artpetfood?

«Artpetfood è nato perché, dopo aver venduto oggettistica su Amazon, ho voluto creare qualcosa di mio. Avendo la passione per gli animali e, avendo preso un cucciolo di gatto che non mangiava nulla del cibo in commercio, ho deciso di studiare, informarmi e creare un mio marchio di crocchette e snack che fossero naturali e artigianali. Per questo lavoriamo solo con artigiani esperti e produciamo soltanto piccoli lotti: è un modo che ci consente di tenere alta la qualità e il valore nutrizionale di ogni singolo ingrediente».

Se qualcuno volesse fare quello che fai tu da dove si comincia?

«Bisogna iniziare facendo un corso specializzato in e-commerce, avere passione per quello che si vuole fare al fine di poter durare nel tempo, fare corsi di marketing, SEO e copyright per riuscire a scrivere annunci in modo corretto. Nel mio caso specifico, bisogna informarsi e studiare bene ogni ingrediente, conoscere l’alimentazione di cani e gatti, informarsi sui cibi sani e quelli che, invece, fanno male e, ovviamente, è necessario analizzare la concorrenza per capire il mercato e la validità economica dell’idea».

La tua vendita, al momento, è solo online. Quanto costa avviare un business attraverso gli strumenti digital?

«Per avviare un’attività di vendita online come la mia bisogna, innanzitutto, aprire una Partita Iva, iscriversi alla Camera di Commercio, trovare un commercialista fidato capace di seguire un e-commerce, iscriversi All’INPS artigiani e commercianti e aderire al regime scelto per l’apertura dell’azienda. Io consiglio di partire con quello forfettario, più conveniente e più facile da gestire».

Come sei riuscito, in un solo anno, a conquistare 7mila followers e a farti conoscere in tutta Italia?

«Sono partito su Facebook iniziando con un po’ di pubblicità per capire e testare l’interesse delle persone, nel frattempo, mi sono fatto conoscere nella mia zona con vendite a domicilio. Verso marzo 2020, quando è scattato il primo lockdown, ho iniziato a studiare Instagram. Ho aperto una pagina e ho iniziato a pubblicizzarla con contest. Con le giuste strategie di marketing ho trovato gente interessata a provare e conoscere il mio prodotto. Il passaparola e persone gentilissime hanno fatto il resto!».

Quali sono i punti di forza della tua impresa?

«I prodotti! La loro qualità, i loro ingredienti, il tipo di lavorazione: artigianale e italiana. La competenza nel settore, la velocità nelle spedizioni, la flessibilità. Un altro punto di forza è la voglia di creare un rapporto di fiducia e amicizia con chi ci sceglie, riuscire a consigliare e mantenere un legame anche dopo la vendita. Con i miei clienti ho formato gruppi whatsapp dove ci scambiamo consigli e aneddoti. Questo con Amazon non si può fare».

Come stai resistendo a questo periodo? Quali strategie hai messo in campo per non lasciarti scoraggiare?

«Questo periodo purtroppo è difficile per tutti, cerchiamo di andare incontro alle persone con sconti destinati alla vendita natalizia e qualche omaggio per provare a dare un po’ di felicità in un momento così triste. Intanto non ci fermiamo e ci dedichiamo alla ricerca di nuovi prodotti. Abbiamo, per esempio, introdotto un materassino in cotone per cani e gatti, cucito a mano e personalizzabile, con il ritratto del proprio animale domestico stampato sopra. Stiamo poi studiando altri snack che saranno lanciati dopo le festività».

Qual è il futuro di Artpetfood?

«Crescere un passo per volta e trovare rivenditori in Italia per dare la possibilità, a chi non è pratico del web, di poter provare e toccare con mano i nostri prodotti. In futuro ci piacerebbe anche allargare i nostri orizzonti in altre parti del mondo. Per ora ringrazio tutti i nostri clienti e tutte le persone che ci sostengono. Mi piacerebbe dare una mano: chiunque volesse partire da zero, anche in questo momento, sono a disposizione per ulteriori consigli e chiarimenti in merito al business online, scrivetemi pure sulla pagina IG @artpetfood».

SILVIO FRANCESCHINELLI
IL MULINO E OCHACAFFÈ

Lavora con la cultura. È direttore de “Il Mulino”, scuola di lingue e agenzia di traduzioni di Padova specializzata in cultura giapponese e coreana del Sud. È Presidente di Ochacaffè, un’associazione che porta «l’Italia ai giapponesi e il Giappone agli italiani». La sua storia di micro-imprenditore – tutta concentrata sul mondo asiatico -, risale a diciassette anni fa, quando grazie al supporto dell’associazione crea una serie di attività collaterali che ruotano intorno al settore fiere, festival, musica pop ed eventi. Silvio, in questo periodo, ha saputo fare di necessità-virtù e, considerati gli stop al mondo fieristico ed eventistico, ha ben pensato di rivedere il suo modello di business, includendo tra i suoi servizi la formazione a distanza, implementando corsi e contatti grazie all’online, intercettando la domanda e approfittando delle maggiori quote di tempo libero degli italiani. In questa breve intervista, ci racconta come sta riuscendo, con l’e-learning, a fronteggiare un periodo di incertezze che ha condizionato anche la sua attività.

Il Covid ci ha costretto ad agire in modo nuovo, eppure, la richiesta dei tuoi corsi è aumentata in questo periodo. Come te lo spieghi?

«Credo che prima del Covid la maggior parte delle persone non fosse pronta ad imparare qualcosa o a seguire un evento online. L’emergenza ha costretto tutti a riconsiderare le proprie reticenze, e a capire che un corso di giapponese online poteva essere una valida alternativa a Netflix o ai videogames. Se non altro più interattiva ed educativa».

L’e-learnig è diventato l’asset nella manica della tua impresa. Come hai dovuto riorganizzarti per fronteggiare la crisi legata alla pandemia?

«A parte un piccolo investimento nell’hardware, sono le risorse umane quelle che si sono dovute riorganizzare. Training per gli insegnanti sui nuovi mezzi e metodi e nuovo materiale appositamente creato da noi per l’online (dato che i libri che usavamo per i corsi in presenza non erano adatti)».

Perché le persone in questo momento si avvicinano di più al Giappone?

«Giappone e Corea del Sud hanno investito in prodotti culturali dall’indubbio fascino. Dai manga giapponesi al Kpop, l’estremo oriente ha un’influenza culturale paragonabile al Rinascimento italiano, alla Francia nell’800, agli Stati Uniti tra gli anni ’60 e ’90».

Si può ancora fare business con la cultura? Che consigli puoi dare a chi ha delle competenze simili alle tue ma non sa come fare impresa?

«Consigli? Infiniti! Ogni giorno scopro qualcosa e dò consigli anche a me stesso. Direi di non sottovalutare l’importanza del continuare ad avere voglia di imparare ed essere pronti a mettersi in rete. Vedo molti nascere e crescere con il motto “faccio tutto da solo”. Ma se sei piccolo e fai da solo vieni schiacciato dai grandi. In rete con gli altri si lavora meno e meglio (se trovi le persone giuste)».

Come pensi che cambierà la tua attività dopo quest’anno funesto? Dovrai rivedere ancora i tuoi piani?

«I piani vengono rivisti di mese in mese in questo periodo così incerto, ma non solo. Se riguardo il business plan a cui lavoravo 17 anni fa ci trovo dentro ben poco di quel che sto facendo adesso. Questo è uno dei vantaggi di essere piccoli. Spero di poter ritornare in giro per l’Europa, per i festival e gli eventi, è quello che mi manca di più».

Noemy Nocera
Fashion Designer – Owner Noemy Nocera Brand

Con Noemi vi porto dietro le quinte di un piccolo brand di moda artigianale di una giovane donna napoletana di 27 anni che si è presentata alla mia posta così: «Ho un piccolo brand che considero come mio figlio, il mio terzo figlio! Sì perché, pur essendo giovane, ho già due bellissime bimbe che si dilettano con me tra stoffe e decori. Non è stato semplice, essendo una mamma sotto i trent’anni, arrivare dove sono oggi, ma ce l’ho fatta e voglio condividere la mia storia per dire a tutti di non arrendersi mai. Di colpi di scena e cadute la mia vita è piena…eppure sono qui a parlarvi della mia impresa».

Da commessa a stilista. Produci abiti sartoriali e fatti su misura che diventano capi esclusivi. Come sei riuscita ad avviare la tua impresa? A chi ti sei rivolta e quanti e quali investimenti hai dovuto affrontare?

«La mia impresa comincia saltando su un treno in corsa…un’occasione presa al volo che poi ha subìto una battuta d’arresto, fino ad incontrare una nuova opportunità. L’idea del brand parte all’interno di un negozio di famiglia. Un giorno mi sono resa conto che i capi che acquistavo e modificavo, secondo il mio concetto di moda, ottenevano un certo successo, così ho convertito l’attività puntando tutto sulle mie creazioni. Scopro di essere incinta e la gravidanza butta all’aria tutti i miei piani, i sogni e i sacrifici! La dolce attesa inizia a mettere in serio pericolo la mia vita e quella della mia bambina. Dopo un po’ mi si presenta una nuova occasione, un amico inizia a parlarmi del suo lavoro, di e-commerce e vendite online. Si riaccende la lampadina: inizio a pensare “è la mia occasione!”. Con un fondo di famiglia creo finalmente l’azienda che oggi curo in maniera maniacale. Il vantaggio è che posso gestirla in ufficio, ma portarla anche a casa».

Vendi online, destreggiandoti tra Instagram, Facebook e il tuo e-commerce. Fai tutto da sola? Quando hai iniziato e come hai fatto a far decollare il tuo lavoro? Quanto tempo ci è voluto?

«Sarà perché alle donne piace l’idea di indossare capi unici, creati apposta per loro, sarà perché sono stata fortunata, fatto sta che tutto è accaduto in maniera veloce e naturale. Ovviamente ho dovuto impegnarmi molto, se crei un’azienda che punta tutto sulla vendita online non puoi che essere social e metterci la faccia».

Sei stata anche dipendente. Quali sono, secondo te, le soddisfazioni di chi fa impresa?

«Fare impresa oggi è indubbiamente difficile, non si vive di lussi come la gente pensa. Ci sono molti sacrifici dietro che gli altri non vedono, ma ogni piccolo traguardo ti restituisce una gratificazione immensa che la vita da dipendente spesso non offre. I titolari di imprese medio grandi e molto produttive non gratificano minimamente chi lavora per loro, per questo colgo l’occasione per ricordare a tutti noi di premiare i nostri lavoratori perché sono la nostra forza».

Consiglieresti, nonostante il periodo incerto, ai giovanissimi come te, di avviare una propria attività?

«Sì, ma solo se c’è una grande passione dietro. Qualunque sia il vostro sogno nel cassetto iniziate a piantare i semi per realizzarlo, anche se adesso vi sembra impossibile».

Come stai cercando di superare la crisi che stiamo vivendo a causa del Covid?

«Come per tutti le vendite sono calate tantissimo, però non mi sono mai persa d’animo, al contrario, mi ritengo fortunata perché finora non ho avuto bisogno né di prestiti, né di aiuti statali. Creo degli incentivi con promo studiate direttamente sull’esigenza della cliente. È la richiesta che fa il mercato!».

Cosa speri per il tuo brand? Che progetti hai?

«Spero di continuare ad espandermi e di entrare nell’armadio di ogni uno di voi…a piccoli passi».

Cristina Insinga
“La fotografa dei bambini”.

Cristina è una fotografa, un settore quest’anno duramente colpito. Siciliana, di Messina, ha trovato il suo mondo nella fotografia per mamme e bambini definendosi “scrittrice di storie altrui”. «Sono mamma e fotografa professionista» racconta «specializzata in ritratti di gravidanza, neonati, bambini e famiglie. Sono stata tra le prime a Messina a dedicarsi a questo ramo. Ho iniziato nel 2013 a raccontare la quotidianità delle famiglie per lasciare loro qualcosa che durerà tutta la vita». Prendiamo al volo un po’ dei suoi consigli di “sopravvivenza!”.

Com’è fare il fotografo al tempo del Corona Virus?

«Fare la fotografa in questo momento storico non è una cosa facile. Molte cerimonie sono state annullate o rinviate a data da destinarsi. La cosa più antipatica per me è lavorare con la mascherina perché crea un certo distacco tra me e il bambino o la famiglia che ho di fronte. Saper comunicare col corpo e con lo sguardo, in questo momento, è fondamentale».

Come stai superando i momenti di difficoltà?

«Con molta pazienza e maggiore impegno nel mio lavoro. Ci sono giorni più difficili di altri, ma cerco di essere sempre ottimista».

Internet ti aiuta tantissimo immagino, tant’è che sei super attiva. Oltre al tuo sito, ai canali social e al tuo whatsapp business estremamente curato fai una cosa che pochissimi fotografi fanno: hai un blog dove, tra le altre cose, dispensi consigli per mamme in dolce attesa insieme a specialisti e medici del ramo. Quanto è importante nel tuo lavoro la comunicazione? Pensi che il web sia un prezioso alleato per chi fa il tuo mestiere? Riesci davvero ad ottenere più clienti grazie a Internet?

«Assolutamente sì! Ho uno studio chiuso al pubblico, quindi per me la comunicazione su Internet è sempre stata tutto, anche negli anni passati. I miei clienti provengono quasi tutti dai social e, naturalmente, dal passaparola organico di chi è soddisfatto del mio lavoro. Per quanto riguarda il blog, invece, è una cosa che faccio non solo per acquisire clienti ma per rendermi utile!».

Molte persone oggi si specializzano nel ramo new born. È un settore in crescita? Che consigli puoi dare a chi vorrebbe iniziare e fare, magari, quello che fai tu?

«È un settore in crescita, dove non si finisce mai di imparare. Il consiglio è quello di cominciare formandosi con corsi e docenti validi. La cosa più importante è riuscire a scegliere il corso giusto, tenuto da un serio professionista. Diffidate di coloro che promettono mari e monti, contano i fatti non le parole».

Qual è la soddisfazione più grande del tuo lavoro?

«Cogliere la gioia negli occhi emozionati dei clienti quando vengono a ritirare le loro fotografie. Sapere di essere stata utile e di aver reso speciale un momento della loro vita, questo per me non ha prezzo».

In questo momento consiglieresti a un ragazzo di mettersi in proprio?

«Sì, se ha le spalle larghe. Inutile mentire nascondendo il fatto che al momento è un settore in ginocchio, ma sono sempre convinta che è proprio nei momenti di difficoltà che si trova la forza necessaria per uscire dalla propria comfort zone, assumersi delle responsabilità e dare il meglio di se stessi».

Cambiamo tema. Ci daresti un buon consiglio per fare delle belle foto ai nostri bambini?

«Certo! Ricreate, innanzitutto, una condizione di gioco. La fotografia per un bambino non deve mai essere una costrizione. Quindi, evitate di ripetergli di stare fermo di continuo, o di sorridere a tutti i costi, perché ne verrebbe fuori solo un fintissimo sorriso. Infine ricordate di stare all’altezza del bimbo per fotografarlo e non dall’alto verso il basso».

Francesco Meligeni
Pasticciere

Il sogno di Francesco, come tutte le storie presentate fin qui, è un sogno semplice, tradizionale, ma è pur sempre una storia da raccontare. È bene ricordare che sono proprio queste attività il motore e il cuore del nostro Paese che, da sempre, si regge su: autonomi, artigiani, liberi professionisti e piccolissime imprese che creano lavoro. Queste persone sono state scelte perché sono la più grande rappresentanza italiana e stanno provando a reagire, rivisitando strumenti e modalità. Sono sicura che tantissime persone si ritroveranno in queste narrazioni e mi auguro davvero che possiate trovare qui piccole soluzioni, stimoli motivazionali e professionisti con cui fare rete. Tornando a noi…il sogno di Francesco, nostro cliente peraltro, era quello di “fermarsi”. Ritrovare casa e costruire il suo lavoro accanto alla sua famiglia, dopo aver lavorato per anni come stimato chef pâtissier nei grandi hotel e nelle più rinomate pasticcerie della Costiera Sorrentina, passando così da dipendente a titolare d’impresa!

Sei passato da dipendente ad imprenditore autonomo. Come sei riuscito ad aprire la tua attività? Che consigli puoi dare a chi vuole intraprendere la tua strada?

«Ovviamente avevo un fondo di rischio e di primo investimento da parte ma, considerato che possedevo tutti i requisiti per farne richiesta, ho “approfittato” dell’opportunità del bando Invitalia “Resto al Sud” affidandomi proprio ai consulenti di questo team».

Ti va di raccontare la tua esperienza? Hai dovuto affrontare particolari ostacoli?

«No perché sono capitato in mani esperte che hanno agevolato e facilitato tutto l’iter, da quello burocratico a quello di selezione. Da solo non avrei saputo da che parte cominciare. Siamo partiti da un business plan scritto, poi sono stato chiamato per il colloquio di verifica dei curricula allegati, in cui è necessario dimostrare di essere idonei e preparati per rivestire il ruolo richiesto».

Che cosa sei riuscito ad acquistare con l’aiuto del finanziamento?

«I macchinari necessari per partire, ma non solo. È stato un bell’aiuto».

Come va in questo periodo? Come stai affrontando una crisi ormai innegabile per tutti?

«Ho dovuto rivedere, come tutti, i miei piani. Del resto “Polvere di stelle” (la mia pasticceria in provincia di Napoli) è “giovane” e non può permettersi un lungo stop. Oltre alla vendita al dettaglio, cerco di rifornire le botteghe e i rivenditori della mia zona con delizie artigianali sorrentine esclusive e difficili da trovare altrove. Non avendo poi il tempo di riuscire a gestire da solo l’online mi sono dedicato al dropshipping e ho scoperto che può essere un prezioso alleato».

Puoi spiegare, per chi non sa cos’è il dropshipping, di che cosa si tratta e perché può essere un aiuto concreto?

«Si tratta di un accordo commerciale tra il venditore dropshipping, che sostanzialmente possiede un e-commerce, e il fornitore primario. Mi sono rivolto a un progetto tutto made in Italy messo su da giovani della mia zona. È un vantaggio per entrambi: loro non devono acquistare nulla, né possedere un magazzino con giacenze, io non devo impegnarmi con l’online, né pagare commissioni. In sostanza, loro vendono per me e guadagnano solo sul venduto. Poi ci sono il delivery e la formula “ordina e ritira” che ci sta aiutando ad evitare inutili sovrapproduzioni».

Di Daniela Iavolato

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Di |2020-11-13T10:42:13+01:0012 Novembre 2020|Categorie: Storie|Tag: , |

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