Dal mare ai borghi, passando per sentieri e itinerari inesplorati.

Un viaggio alla riscoperta dei valori e delle tradizioni, promuovendo stile, cultura, storia e natura. Questa la mission di Italia per Voi rivista ligure a diffusione gratuita, che strizza l’occhio al territorio locale, nata dopo una serie di “ricominciamenti”, cambi di rotta e di pivot. Inizialmente concepita come freepress dedicata al mercato immobiliare per attrarre investitori esteri, con la bolla del 2008 si reinventa per sbarcare nel settore della promozione turistica, avendo individuato un nuovo segmento di clientela e un vuoto informativo a danno dei locali e del turista.

E oggi, che di crisi si parla in ogni dove con scenari apocalittici e da dopoguerra, interrogando il suo fondatore, mi è venuta spontanea una riflessione: “Quando mai un’impresa è rimasta sempre uguale a se stessa? Quante vite, quanti giri e ritorni e quanti cambi effettuiamo?”.

Quante volte ancora dovremo cambiar pelle? Credo sia giunto il tempo di essere onesti e non raccontare più frottole a chi si indirizza verso un ramo con la speranza di fare il botto nel giro di poco tempo. Oggi è il Covid, prima, c’è stato il sorpasso dei bit sull’analogico, domani saranno automazione e intelligenza artificiale. Per salvarci dobbiamo riflettere sui nostri errori, essere aperti ai cambiamenti, senza intestardirci su idee che non funzionano più, ma “ruotare”. Girare le nostre competenze, individuando vuoti di mercato su cui lavorare accontentandoci…prima di tutto. Un po’ come ha fatto Gino Giorgetti che nell’editoria ha iniziato ventenne e, oggi, ancora ne parla con l’energia di un ragazzino, trascinando con sé tutta la sua famiglia.

Una vita dedicata alla carta, quella spesso giudicata di serie B perché fuori dai grandi gruppi editoriali, ma che merita attenzione poiché insegna che questo non è sempre l’hobby di gente annoiata e arricchita – come molti pensano -, e che per avere successo occorrono: resistenza, passione, impegno, umiltà e strategia.

Un’impresa di carta che non va in edicola. È possibile? Si può fare? È un lavoro vero? Quale futuro? Be’ se Gino, dopo 40 anni, è ancora qui e sta per passare la staffetta a sua figlia Erika..un motivo ci sarà, ma badate bene..in questa intervista ha messo le mani avanti «per lavorare con la carta bisogna essere umili, abituarsi a navigare per mari in tempesta, adeguarsi ai cambiamenti, essere ambiziosi senza pensare di arricchirsi, lavorando domeniche comprese». Ma partiamo dal principio.

Alla fine degli anni ’70 Gino Giorgetti entra nel mondo dell’editoria. Erano anni d’oro e di grandi evoluzioni. Sulla scia del successo canadese, si affacciano sul mercato le riviste di annunci a pagamento «mai visto niente di simile, nel consorzio c’erano giornali come Bric à Brac, Secondamano, Porta Portese, testate da 40 mila copie settimanali. Il lavoro era tanto, gli annunci si moltiplicavano». Giorgetti all’epoca si occupava di sviluppo commerciale e pubblicità. Una pubblicità che viveva di passaparola, che viaggiava da sola con il vento in poppa. Nel 2006, dopo 30 anni di successi, qualcosa va storto: Internet, come quelle onde che travolgono porzioni di battigia, ha mangiato il mercato. Che fare? “Primo cambio!”.

Per conquistare una generazione di lettori perduti l’alternativa all’edicola diventa la strada. È boom di freepress! Gino fiuta l’occasione e non resta a guardare. Piuttosto che mettere le mani in pasta in cose che non conosce, decide di far fruttare il bagaglio di esperienze e conoscenze maturate. Apre la sua casa editrice e parte con l’avventura del giornale a distribuzione gratuita.

Come ti è venuto in mente?

«Quando il web è esploso non ci si poteva più limitare alla vendita in edicola. Bisognava inventarsi qualcosa che fosse più capillare! Insieme a mia moglie avevamo accumulato un’esperienza tale del settore che, per noi, ricominciare da qualche altra parte era impensabile. Abbiamo deciso di fare impresa autonoma stimolati dal fatto che, in fondo, non siamo mai stati dei lavoratori dipendenti e a stipendio fisso. L’agente di commercio scommette su se stesso e noi avevamo tutto l’interesse ad andare avanti, ma lontano dalla stampa che va in edicola perché, fin dal principio, avevo capito che non stava riuscendo a farsi carico degli importanti aggiornamenti in arrivo dal web. Infatti, in gran parte, è stata schiacciata».

Così nasce Italia per Voi, raccontaci…

«Nel 2012 abbiamo cercato di fare quello in cui riuscivamo meglio. Italia per Voi è nata prima come freepress di annunci immobiliari, poi, con tutta una serie di supplementi, è stata convertita al settore turistico».

Un nuovo cambio quindi. E adesso funziona? Davvero riuscite a vivere solo di questo?

«Escludendo questo periodo in cui tutto il comparto turistico è stato massacrato e noi, di conseguenza, sì. Le freepress sono radicate al territorio e rappresentano una risorsa non trascurabile perché offrono visibilità a notizie e brand locali spesso snobbati da quotidiani a pagamento e agenzie di stampa. La rivista gratuita, invece, conduce l’informazione e la pubblicità ad un target mirato, favorendo tanto l’inserzionista quanto il turista. Noi con i nostri cestelli a presa gratuita siamo posizionati all’ingresso e all’uscita degli sbarchi, presso hotel, case vacanza e musei, insomma, in tutti i luoghi di passaggio “di rigore” del viaggiatore, diventando una guida importante nelle mani di chi sta per affrontare un’esperienza ed è alla ricerca di sentieri, posti in cui fare shopping, in cui mangiare e vivere al meglio il suo soggiorno nella riviera ligure. Gli inserzionisti lo sanno, come sanno che il venduto in edicola non dà più la resa di un tempo e, oggi, sono loro a chiamare noi. In edicola ormai ci vanno poche persone, ma non per colpa del lettore».

Quindi Internet non vi danneggia?

«Fa da affiancamento, per noi è uno strumento altrettanto importante, ma non potrà mai sostituire la reputazione che restituisce la carta stampata. Hanno due funzioni e due visibilità diverse».

Sai che sono tanti i giovani che vorrebbero lanciare una rivista? Questo lavoro si può ancora fare?

«Ci vuole una gestione prudente e guidata da tanta passione. Credendoci e avendo pazienza si possono fare numeri ragionevoli che consentono una vita dignitosa, certo non ci si arricchisce. La buona notizia è che i giorni per la stampa non sono assolutamente finiti, ma un’impresa del genere può andare avanti solo quando è umile e accompagnata da strumenti che possano supportarla. Tornando a Internet, quest’ultimo va considerato come un alleato prezioso. Per questo ho affidato la gestione a una nativa digitale come mia figlia Erika, a lei passerò il testimone quando andrò in pensione».

E allora veniamo a te Erika. Se è vero che la generazione “z” non legge più perché hai deciso di lanciarti nel business della carta con i tuoi? Non potevi fare altro?

«Sì avrei potuto e dopo la laurea l’ho anche fatto, ma le occasioni scarseggiano e così ho preferito impegnarmi in questa avventura nella quale sono sempre stata coinvolta. Essendo laureata in lingue non solo sono sempre andata per fiere con i miei per promuovere all’estero il giornale, ma mi sono sempre occupata anche della traduzione dei testi. Da un po’, mi occupo invece della gestione dei social network essendo un’appassionata del mezzo e avendo seguito diversi corsi per migliorarne l’uso».

Hai 26 anni e una visione completamente diversa rispetto ai tuoi genitori. Che valore aggiunto e che rivoluzioni hai portato nell’azienda di famiglia?

«Be’ diciamo che se non fosse stato per me non so come avrebbero affrontato i miei questa situazione di blocco totale. Con l’entusiasmo dei miei anni, ma anche perché in questo momento è l’unico salvagente a disposizione, abbiamo puntato molto sulla rete. Durante il lockdown abbiamo completamente rifatto il look al nostro portale, rendendo sfogliabili le nostre riviste anche sul digital: visibilità che, lavorando di indicizzazione, offriamo di riflesso ai nostri clienti. Ogni giorno ci impegniamo sui nostri social realizzando iniziative, contest, campagne ads e freebie. Ci stiamo spremendo per bene perché senza idee in questo momento non si va avanti».

Nella foto la blogger Elisabetta Frega (Fonte Instagram)

Blogger e influencer fanno parte dei vostri piani. Sempre opera tua?

«Sì. per me, che sono nativa digitale, è naturale ragionare in questo modo. Ho chiamato a raccolta diverse food e travel blogger, ci aiuteranno a far crescere la rivista e a spingere il nostro territorio».

Quindi la carta anche per le blogger ha un peso?

«Assolutamente sì, quando le ho chiamate sono state felicissime di poter offrire il loro contributo. Toccare con mano una rivista è molto diverso dalla realizzazione di un post online. Il prodotto di carta finito è un’emozione unica; offre una resa e una reputation che la rete, più democratica e al servizio di tutti, non dà. Mettiamola così, il social ti aiuta a spingere l’offline e fa la sua percentuale di lavoro, ma la gran parte delle risposte positive ci arriva dalla distribuzione e dalla lettura del giornale che “fissa” nella mente di chi legge un ricordo che il social, così veloce e in costante aggiornamento, non dà. Si tratta di due concept diversi, è il giusto mix che fa funzionare le cose».

E come si cresce sui social? Oggi tutti vogliono sapere solo questo.
«Ci vuole tanta costanza. Anche questo è un lavoro a tempo pieno e, come per la carta, vale la pubblicazione di contenuti interessanti e di valore. Meglio non postare quando non si ha nulla da dire».

E ai tuoi coetanei? Consiglieresti di lanciarsi in un’avventura come la tua?

«Io sono partita avvantaggiata. Per condurre un’impresa del genere il mio consiglio è quello di cercarsi prima un team. Persone con spirito di sacrificio, la stessa passione e gli stessi obiettivi! Da soli non si riesce in un’impresa all’apparenza facile, ma davvero dura».

Che cosa speri?

«Che qualcuno ci aiuti a valorizzare ancora le nostre imprese di carta».

E che piani hai per il futuro?

«Il piano è quello di non abbandonare la nave! Migliorare sempre, fare nuove scelte, mettere in campo nuove idee».

In bocca al lupo Erika…io, come te, credo ancora nel meraviglioso e affascinante mondo della carta!

di Daniela Iavolato

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