Questa è, innanzitutto, una storia di profondo amore per le proprie radici: Napoli, le tradizioni fornaie, il profumo del basilico, i latticini filanti e le migliori materie prime italiane, un popolo intero da raccontare tra un boccone e un rap di Clementino.

►Silvestro Morlando a ventisei anni e tanta voglia di crescere lascia Pescara, il luogo scelto come seconda casa dai suoi genitori partenopei, e vola con un biglietto di sola andata alla volta di Londra. In UK vuole fare nuove esperienze e realizzare altrettante ambizioni. Diploma di scuola alberghiera in tasca e fidanzata al seguito, inizia la sua gavetta nelle cucine underground della grande city, ma presto si rende conto che il lavoro da dipendente non fa per lui…così, piuttosto che rientrare, contro il parere di chi lo aspetta in Italia, porta la “sua” Napoli tra i mercati e le stradine ad ovest della capitale, mettendo su un progetto che un po’ per strategia..un po’ per nostalgia coniuga cibo e promozione turistica. Un’idea che funziona talmente bene che…

Continua…

Partiamo dal principio. Chi era Silvestro prima di andare a Londra per realizzare Sud Italia?

«Un ragazzo come tanti che, provenendo da una scuola alberghiera, ha iniziato a lavorare nel campo della ristorazione. Poi sono sbarcato a Londra e per sei mesi ho lavorato come cuoco in tre ristoranti diversi. Mi è bastato pochissimo per capire che non era quello che desideravo. Operavo in cucine con poco spazio, “underground” e con quattro cambi nello stesso turno: ritmi disumani rispetto all’Italia. La cosa non mi entusiasmava più e, così, sono finito in un club dove si servivano pizze tradizionali e a metro. In quel posto, con le mani in pasta, è scattata la scintilla ed è iniziata la mia lunga storia d’amore con la pizza. Dopo un anno ho dato vita al progetto Sud Italia ma, prima ancora, ho lavorato per un’altra compagnia che è stata per me fondamentale e fonte di grande ispirazione».

Che compagnia era?

«Prima di Sud Italia ho lavorato per due fratelli che oggi in UK hanno circa dodici ristoranti. Avevano acquistato un’Ape Piaggio convertendola in pizzeria itinerante. Uno dei due lavorava per la BBC ed era un esperto di marketing, un abile comunicatore che aveva saputo mettere in piedi una bella storia. Raccontavano di aver mollato la vita d’ufficio per vendere pizza su quattro ruote, di aver acquistato il veicolo a Napoli e imparato dai pizzaioli napoletani tutti i segreti dell’impasto. Erano strategicamente posizionati a Soho, nel cuore di Londra, ma il loro business non andava benissimo! Così ho pensato, ma sai che c’è? Loro due non sono nemmeno italiani, eppure, lavorano con il nostro brand e con le “nostre” pizze. Adesso ci penso io! Ho preso un van, piuttosto che un mezzo piccolo, ed è nato Sud Italia».

Perché proprio un van? Non avresti potuto prendere un locale come fanno tutti?

«Ho passato la maggior parte della mia vita sui furgoni con mio nonno “napoletano doc” e venditore ambulante. La considero una dimensione naturale, ma anche più rassicurante. Il furgone è qualcosa che puoi spostare, se un posto non funziona puoi provarne sempre un altro e oggi, con quello che stiamo vivendo a causa del Covid, sono ancora più contento di questa scelta».

Chi vive a Londra e cerca il profumo di casa dove può assaggiare la tua pizza?

«Ho una postazione fissa a Liverpool Street sotto i grattacieli dove si trovano gli uffici più importanti di Londra e due furgoni che scorrazzano verso Ovest, più vicino casa mia, destinati ai mercati giornalieri che, considerata la situazione attuale, oggi incassano più della city».

Sud Italia è un progetto articolato che non vende solo pizza. Sei diventato, pur essendo pescarese, promoter “naturale” a Londra del folklore, dei simboli e dell’intera identità partenopea. Strategia d’impresa o questione di nostalgia? 

«Forse entrambe le cose. Non so come spiegare ma in qualche modo io sono il mio lavoro, sono fortunato perché amo quello che faccio e la pizza è davvero la mia passione, quindi, per me è stato abbastanza naturale cominciare a raccontare casa mia mentre infornavo e sfornavo pizze; far capire cos’è il Sud a chi, incuriosito, faceva domande e, tutto sommato, mostrarlo per quello che è davvero: il posto più bello del mondo e il popolo più straordinario che io conosca».

Intanto..grazie a questo tuo modo di fare e raccontare anche sui social sei finito tra le pagine di Repubblica, Millionaire, The Guardian e in Tv su MTV Italia. Come te lo spieghi tutto questo interesse nei tuoi confronti?

«In realtà non me lo spiego, io faccio ogni giorno quello che mi piace fare. Forse la gente è attratta perché trasmetto passione. Ho sempre agito di pancia: ho preso un furgone, l’ho dipinto di blu – blu come il Napoli -, l’ho chiamato Sud Italia e gli ho dato una personalità partenopea. Ho ricostruito casa mia in questo van perché ne sentivo il bisogno. Non volevo perdere le mie radici e sì, probabilmente, l’ho fatto anche perché mi manca Napoli e, così, l’ho riprodotta a Londra per non tagliare il cordone. Il risultato è sorprendente! Chi viene da me lo fa anche per tuffarsi nella mia cultura e capire un po’ il Sud. Sono fiero delle mie origini..se passi dalle mie parti c’è un “ciao guagliò” per tutti, si parla solo italiano, si ascolta solo musica di Clementino, Pino Daniele e Rocco Hunt, c’è Pulcinella accanto al forno, c’è un poster di Maradona e sì…ai clienti piace. Si sentono in Italia, chiedono dell’Italia e soprattutto capiscono davvero cos’è Napoli e questo mi rende felice perché, vi assicuro, che come città non è seconda a nessuno. C’è delinquenza anche qui: tutto il mondo è paese».

Possiamo dire che il tuo successo è anche il frutto del brand Sud? Quanto vale questo “marchio” all’estero e quanto è ancora “spendibile”?

«È un brand dal potenziale enorme, poco sfruttato e soprattutto mal raccontato. All’estero l’intero Sud è conosciuto molto poco, si parla sempre di Milano, Venezia o Torino e troppo poco, invece, di regioni splendide come la Sicilia, la Puglia o la Campania e, quando lo si fa, non manca mai l’accostamento a parole come mafia e camorra. Nel mio piccolo, attraverso la pizza, provo a fare promozione. La pizza, come ti ho già detto, è per me anche un ottimo mezzo per fotografare un’intera regione e provare a veicolare un altro tipo di narrazione».

Diamo qualche dritta a chi ci legge! Se qualcuno volesse fare quello che fai tu..da dove deve partire?

«Dalla passione: regola numero uno! A Londra la burocrazia è un po’ più snella, quando attrezzi un van come il mio e comunichi dove lo posizioni il controllo per le verifiche arriva in due settimane e, se ci sono problemi, hai la possibilità di risolvere nel giro di due/tre giorni. Dopo la formazione societaria devi ottenere le licenze del caso, da chiedere presso le autorità locali. Non è complicato, basta seguire poche e semplici regole».

Che traguardi hai ancora da raggiungere? 

«A breve inserirò un’Ape Piaggio, una dimensione più piccola rispetto al van, anche a Camden Market. Il format è leggermente diverso perché si tratta di un wine bar con vini prettamente del Sud abbinati alle pizze. Infine, insieme al leader del settore Davide D’Andrea Ricchi, sto sviluppando il franchising Sud Italia. Il mio progetto, anche se piccolo, è diventato un modello replicabile e le richieste aumentano ogni anno. Saremo pronti per il 2021 ma siamo già in contatto con acquirenti dalla Francia e dagli Emirati Arabi».

Che requisiti bisogna possedere per fare richiesta di un Sud Italia?

«Individuare una location centrale, un background nel campo dell’hospitality e tanta passione. Se non c’è amore non si possono superare gli ostacoli e, questi ultimi, vanno sempre contemplati. Nessuna impresa ha il cammino spianato e in discesa».

Riusciremo mai a vedere il tuo van azzurro in sosta tra le viuzze del Sud?

«È il mio sogno nel cassetto! Inutile dire che mi piacerebbe chiudere il cerchio a Napoli. Non mi precludo questa possibilità..accadrà, perché ho tanta voglia di tornare!».