Fotografi, stylist, brand emergenti…se ti sta chiedendo come attirare l’attenzione di una patinata: questo articolo è per te!

►Nell’era dell’auto pubblicazione ha ancora senso mandare i propri lavori a una rivista? Quanto conta una pubblicazione? Come si contatta un magazine? Da quali partire? Ma, soprattutto, come si realizza un editoriale moda per un tiro di stampa che valga la pena? A questi e molti altri interrogativi hanno risposto, step by step, tre professionisti al Top!

Tre spunti, tre diversi punti di vista, ma una sola visione in comune «in questo lavoro non “vince” soltanto il più bravo: “vince” chi resiste!».

𝐌𝐚𝐫𝐜𝐨 𝐁𝐚𝐫𝐛𝐚𝐫𝐨 Fotografo di moda e celebrities. È laureato in giornalismo, ha lavorato e prodotto copertine ed editoriali per Playboy, Vanity Fair, Chi, F, Intimità, Diva e Donna.

✎ Da dove si parte per creare una rete di contatti che “contano”?

«In questo lavoro l’iniziativa personale è fondamentale. Contano tantissimo le pubbliche relazioni e una buona dose di predisposizione caratteriale utile per: chiedere, lanciarsi, non fermarsi al primo “no”. È una professione in cui conta il “gruppo”, bisogna cercare altri creativi con i quali fare squadra e coloro che hanno bisogno del giusto team building. Il mio consiglio è essere presenti nei luoghi giusti al momento giusto: partecipare quindi alle sfilate di moda e alle presentazioni in cui si possono conoscere uffici stampa a cui abbinarsi. La qualità del lavoro farà poi il resto».

✎ Come si propone il proprio editoriale alla stampa? Chi bisogna contattare? 

«Qui ci vuole un po’ di strategia. Mi spiego, quando si producono lavori simili si affrontano sempre dei costi che, trattandosi di un’auto-candidatura, non verranno coperti, quindi, personalmente preferisco lavorare con la pull letter, ovvero quell’accordo realizzato in anticipo, che permette di avere crediti più alti e in base al quale la rivista garantisce al fotografo la pubblicazione degli scatti prima della loro realizzazione.

In questo caso, è necessario creare un moodboard da presentare preventivamente alla rivista, con indicazioni di: capi, location, modelle e mood del servizio. Se alla rivista piace tutto il team e il progetto, può commissionarti “con riserva” questo editoriale. La pull letter è un ottimo strumento anche per la stylist che, in questo modo, può chiedere e ottenere abiti di alta moda e collezioni in anteprima. Se, invece, sei alle prime armi non cominciare con nomi blasonati, ma punta alle riviste indipendenti che hanno un profilo più basso, ma una presenza più attiva sul web. Si trovano facilmente su Instagram e, in questo caso, si possono inviare progetti già chiusi o da realizzare.

Le riviste di moda indipendenti vanno scelte in base alla linea editoriale. Valuta quanta risonanza ha la rivista in questione, se viene pubblicata solo online e il numero di follower. Io consiglio sempre di aspettare una settimana, qualora non ci fosse risposta, non fermarti al primo no ma continua perché, magari, non era il momento per quel tipo di contenuto o, semplicemente, è fuori linea.

Vale la pena, quindi, scattare editoriali da inviare come proposte?

«Vale la pena per tre diverse ragioni. Uno: è una questione di promozione, avere una pubblicazione su una rivista dà visibilità. Due: niente come l’editoriale consente di sperimentare e trovare il proprio stile. È un allenamento che nessuna scuola può dare e che torna utile sul set. Tre: è uno strumento eccezionale per testare nuovi team creativi e conoscere agenzie di moda che potrebbero commissionarti nuovi lavori. Ricorda: questo è un mestiere in cui vince chi resiste, paradossalmente, chi si scoraggia e molla, pur essendo più bravo “perde”. Bisogna avere la tempra del masochista».

𝐓𝐢𝐳𝐢𝐚𝐧𝐚 𝐈𝐥𝐥𝐮𝐬𝐭𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 Laureata in discipline delle arti visive ha lavorato con brand come Sara Giunti, ha ottenuto pubblicazioni internazional, i suoi lavori sono stati esposti in diverse mostre.

Come si realizza un editoriale che possa far colpo? Da dove si comincia?

«Partiamo dal presupposto che un editoriale si realizza quando si ha qualcosa da dire, una storia da raccontare e dei messaggi da lanciare, non si tratta di scatti da realizzare per avere qualcosa da postare, nulla deve essere lasciato al caso! È bene anche avere già chiaro le riviste da contattare perché questo permetterà di organizzare al meglio le idee e lavorare per chi ha la tua stessa visione, restringendo il campo dei magazine, ma aumentando la probabilità di essere scelti. Si parte da un concept che poi diventa ricerca. Si studia il mood, uno styling che sia in linea, la location, si cerca la modella e si abbozza tutto su uno strumento chiamato moodboard, che serve a costruire l’atmosfera da trasferire in foto. Formata la squadra si parte! Gli scatti non devono mai essere condivisi online prima, la rivista potrebbe penalizzarti. Si parte da un minimo di sei/sette foto con pose e look diversificati, mai realizzare un editoriale mono brand perché diventa una campagna pubblicitaria che nessuno accetta».

A proposito di brand e modelle. Qual è il tuo criterio di selezione?

«La scelta dei look e dei brand spetta alla stylist ma, per quello che mi riguarda, cerco sempre di andare oltre il suo guardaroba, pescando anche nel web e tra gli stilisti emergenti. Sono sempre a caccia di novità e cose sui generis, ben oltre i soliti nomi. Per le modelle, solitamente, mi affido alle agenzie per essere sicura del risultato finale. Mi piace dare una chance ai giovani che stanno iniziando per ricambiare la fiducia che è stata data a me ma, soprattutto, amo rompere le regole e gli schemi dei social. La moda non ha niente a che vedere con like e follower, pesco tra volti e abiti adatti alla storia che sto per mettere in scena, non i più seguiti del web per aumentare il mio seguito. Ho 1oK follower, non mi hanno cambiato la vita!».

Quali sono i magazine più disponibili?

«Ce ne sono tanti, io prediligo quelli di taglio internazionale come Elegant Magazine e L’Officiel sempre aperto alle nuove proposte e poi sono molto educati, rispondono sempre e ti spiegano perché la tua proposta è stata scartata».

𝐀𝐝𝐞𝐥𝐞 𝐓𝐞𝐬𝐬𝐢𝐭𝐨𝐫𝐞 Stilista, fashion stylist e art director. Ha lavorato con Silvian Heach, Byblos bimbo, Lizalù. Costumista e stylist per diversi video-clip musicali.

Come nascono i look che finiscono per attirare l’attenzione della stampa?

«Gli abiti sono la parte fondamentale di un editoriale di moda. Prima che il fotografo scatti c’è il nostro lavoro, un lavoro fatto di sensibilità estetica, intuito e creatività. Si parte sempre da lunghe ricerche per trovare brand che abbiano creato capi che si avvicinino il più possibile al mood richiesto. L’occhio è fisso sulla tendenza, ma l’idea è quella di provare a ribaltarla, infrangere le regole nel tentativo di dare carattere al risultato finale, nel rispetto delle direttive da seguire».

I brand emergenti possono collaborare ai tuoi editoriali?

«Assolutamente sì, gli emergenti hanno sempre qualcosa di innovativo da comunicare e una visione creativa fuori dagli schemi, bisogna essere tenaci e non avere paura di chiedere».

A chi sta per iniziare che consigli puoi dare?

«Una buona lettera di presentazione non basta. Se desideri lavorare nel settore editoriale, è bene che ti attivi per accendere un dialogo con fotografi già affermati che possano dare risalto al tuo nome. Apriti alle collaborazioni, visita i set e studia le riviste. Anche affiancare uno stylist è un’ottima idea, proponendosi come assistente. Rubare con gli occhi, fare esperienze con persone non alla pari, ma già su un gradino più alto è il miglior modo per apprendere. E poi, da cosa nasce cosa, sono molti gli stylist che affidano ai loro assistenti i lavori che non riescono a seguire!».

La foto di apertura è di Marco Barbaro